«Fame a Bolzano» Quando l’Alto Adige passò all’Italia Cento anni fa, nel 1914, iniziava quella che con enfasi immeritata è stata definita la Grande Guerra. Nella ricorrenza il giornalista Ettore Frangipane ha scritto un libro, premiato dalla Provincia, cui è stato dato il titolo “Fame a Bolzano” (nella versione tedesca “Hungersnot in Bozen”). Vi si leggono le cronache bolzanine degli anni dal 1914 a quando, nel 1919, l’Alto Adige fu assegnato all’Italia, potenza vincitrice.

Speranze, illusioni, delusioni, disagi crescenti per una popolazione che ha sofferto letteralmente la fame, fino a dover accettare lo sfascio del proprio esercito sostituito da divise straniere, il tramonto degli Asburgo e l’arrivo dei Savoia, la lingua di Dante che mira a subentrare a quella di Goethe. Non sono, quelle narrate da Frangipane, vicende esposte in forma narrativa.

Sono invece le cronache desunte dai giornali che si stampavano o comunque leggevano a Bolzano in quel periodo: Bozner Nachrichten, Bozner Zeitung, der Tiroler, Tiroler Volksblatt, Volksbote. Quotidiani e periodici che raccontavano giorno dopo giorno lo stato di crescente disagio che si viveva a Bolzano e nel Tirolo in generale.

Uno stato di disagio che ben si riflette in una “lettera al giornale” pubblicata dal “Tiroler” il 18 agosto del 1918 a firma di una lettrice: “Farina ce n’è per persona di molto scura e per un quarto di chilo alla settimana, polenta per niente, grano nulla da molto tempo, riso niente del tutto, uova e latte niente; cosa resta alla popolazione di Bolzano? Verdura, come fagioli, spinaci, cavoli, cavolfiori, se si riesce ad ottenerli dopo code di ore, non rappresentano di per sé un nutrimento, se non c’è dell’altro, e in particolare del grasso. Adesso c’è qualche patata. E’ troppo per morire, ma poco per vivere”.

I beni alimentari erano razionati, il pane di pessima qualità non rispettava spesso il peso dichiarato, e più di una panificatrice (gli uomini erano al fronte a combattere) fu incarcerata. Il bestiame che arrivava in treno a Bolzano era allo stremo e non sempre sopravviveva: lo si doveva abbattere e bruciare. Le preziose patate della val Passiria scomparivano.

Si trovavano cibarie presso i contadini in montagna, ma dovevano essere conferite e il commercio ne era vietato: era illegale il ”Rucksackverkehr”, ossia l’aggirarsi per le valli con un sacco da montagna in cui infilare carne, burro, uova ed altri beni commestibili da consumare poi in città o vendere alla borsa nera.

Tra le cause di questa autentica carestia ebbe un peso notevole la vicinanza del fronte dolomitico. A Bolzano stazionavano o transitavano migliaia di soldati che bisognava pur alimentare; a Bolzano inoltre, in ospedali, alberghi, pensioni, locali di fortuna, erano ricoverati soldati ammalati e feriti, che a loro volta necessitavano di cibo.

Era obbligatorio conferire tutto il rame che si trovasse nelle abitazioni private, così anche l’ottone, le campane venivano calate dai campanili per essere tramutate in cannoni (si salvò solo qualche antica campana di valore storico).

Non si trovavano né filo da cucire (!), né ciucci per neonati (per acquistarne uno si doveva consegnare quello ormai inutilizzabile). Mancavano le scarpe, così con il cuoio di scarpe vecchie e un po’ di legno i prigionieri confezionavano per i civili degli zoccoli: i dipendenti comunali erano autorizzati ad indossarli, come peraltro avveniva già a Vienna, per i dipendenti pubblici.

Nelle industrie e nei campi, in assenza della manodopera maschile impegnata al fronte, s’impiegavano prigionieri serbi, poi anche russi e italiani. Nacquero tra le sudtirolesi e questi giovanotti venuti da lontano amori inconfessabili, additati dalla stampa al pubblico ludibrio: su qualche albo comunale si giunse al punto di pubblicare i nomi di “queste svergognate”. Alla fine del conflitto Bolzano su saccheggiata dalle truppe austro-ungariche affamate che si ritiravano.

Ettore Frangipane in questo suo nuovo libro sulla vecchia Bolzano ripropone una realtà oggi impensabile e rimossa dai ricordi. “Fame a Bolzano” verrà presentato dall’Autore e dal direttore dell’”Alto Adige”, Alberto Faustini, al Centro Trevi, in via Cappuccini, mercoledì 22 gennaio alle 18. (“Fame a Bolzano”, Ed. Athesia, pag.270, foto 95).

altoadige.gelocal.it

Il presente sito fa uso di cookie anche di terze parti. Si rinvia all'informativa estesa per ulteriori informazioni. La prosecuzione nella navigazione comporta l'accettazione dei cookie.