il Tramonto dell'Occidente è già ben avviato. Oswald Spengler ha già cominciato a scrivereNel 1913 — un anno prima che la guerra dia il colpo di grazia a quel che resta dell'Ottocento — il Tramonto dell'Occidente è già ben avviato. Oswald Spengler ha già cominciato a scrivere quel capolavoro passatista del modernismo che è la sua teutonica rivendicazione della Tradizione: Il tramonto dell'Occidente, per l'appunto, un libro in cui si affollano, come fantasmi nel più infestato dei castelli scozzesi, tutte le profezie nichiliste che spazzeranno, avverandosi una per una, il secolo allora iniziato da poco.

Avanguardia di questo tramonto, sempre in attesa della tempesta, è l'intellighenzia europea dell'epoca, che sta mandando a morte la «società dei padri», come la ribattezzano un po' tutti, da Einstein a Freud, da Kafka ai cubisti parigini: il mondo dell'arte borghese, della scienza che postula un rasserenante universo newtoniano, del perbenismo progressista e/o reazionario, dei sistemi filosofici che magnificano le virtù del presente e/o del futuro, delle distanze sociali nettamente tracciate, del sesso virtuoso e senza stramberie. Di tutto questo, nel 1913, resta ormai soltanto il guscio vuoto.

Manca poco alla guerra. Ma il conflitto globale, in realtà, è iniziata decenni prima, con Baudelaire e Rimbaud, con Poe e Van Gogh, con la Comune di Parigi e con le «invenzioni» di Th.A. Edison e di Guglielmo Marconi, col «modernismo» in materia biblica ed evangelica, con le suffragette, con Marcel Proust, con James Joyce, col futurismo di F.T. Marinetti, con Igor Stravinskij e i balletti russi, con le prime automobili uscite dalla prima catena di montaggio.

È una guerra ideologica e culturale che proseguirà — fin quasi alla fine del secolo — in forme per così dire guerreggiate anche quando la Grande guerra sarà finita e comincerà la Guerra grandissima totale del nazismo, del marxleninismo, la guerra d'avanguardia del realismo socialista, del Gulag e di Auschwitz. Un giornalista e storico dell'arte tedesco, Florian Illies, tira le fila di tutte le storie che nel 1913, ancora e sempre in attesa della tempesta, convergono nelle grandi capitali europee, a Vienna, a Parigi, aBerlino, in uno straordinario saggio storico: 1913. L'anno prima della tempesta (Marsilio 2013, pp. 303, 19,50 euro, ebook 13,99 euro).

Illies illustra la storia della grande intellighenzia europea del 1913 attraverso brevi capoversi, quasi per aforismi, se non per didascalie da film muto. Citiamone alcune: «È il 22 marzo e Kafka scrive di nuovo a Felice [la dovrebbe raggiungere a Berlino] direttamente sulla busta, le grandi parole: “Ancora nessuna decisione. Franz”. Quattro parole, un'autobiografia». Altra didascalia veloce: «Felix Salten è un magnifico, brillante intellettuale viennese dal talento doppio, probabile autore sia del racconto Bambi sia — con uno pseudonimo — delle memorie di Josefine Mutzenbacher. Storia d'una prostituta viennese da lei stessa narrata, un testo pornografico in dialetto viennese considerato audace anche in una Vienna assai disinibita in tema d'erotismo».

Un'altra: «La vita è troppo breve e Proust troppo lungo», scrive Anatole France all'uscita del primo volume della Ricerca del tempo perduto». Nei primi mesi dell'anno Stalin è a Vienna, dove scrive il suo libro sulle nazionalità dopo avere battuto Lenin a scacchi ben «sette volte di seguito». Anche Hitler è a Vienna e dipinge cartoline illustrate. Heinrich Kühn, «artista radicale», intende mostrare con le sue eccezionali fotografie «niente meno che il paradiso». Scrive in una lettera: «Il peccato originale ha due facce: la socialdemocrazia. E il cubismo». Al 1914 mancano ormai pochi giorni.

Diego Gabutti - italiaoggi.it

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