Dal 1914 al 1918 l’Europa fu sconvolta da un conflitto destinato a cambiare la mentalità bellica fino ad allora conosciuta: la prima guerra mondiale. La causa scatenante della “Grande Guerra” è stato l’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo nel 28 giugno 1914, ma l’attentato fu solamente la goccia che fece traboccare il vaso in un’Europa costellata da rivalità e inimicizie.
Il conflitto che i partecipanti giudicarono inizialmente breve e veloce, si rivelò invece lungo e logorante e costò la vita a milioni di persone. Il papa dell’epoca Giacomo della Chiesa, salito al soglio con il nome di Benedetto XV, assumerà durante la guerra un atteggiamento improntato alla neutralità e cercherà con ogni mezzo di porre termine al conflitto lanciando dal 1914 all’agosto del 1917 ventiquattro appelli alla pace.
Più volte emanò una netta condanna della guerra definendola nei suoi discorsi “orrenda carneficina”, “suicidio dell’Europa civile” o “inutile strage” e cercò anche di avanzare delle proposte di pace per far terminare la carneficina chiedendo: il condono reciproco delle spese di guerra, la libertà dei mari, la diminuzione degli armamenti, la restituzione dei territori conquistati, l’istituzione di un arbitrato obbligatorio e il regolamento dei territori secondo le aspirazioni dei popoli.
Questi appelli furono però male accolti da tutti i contendenti che accusarono il papa di disfattismo o di voler favorire il proprio avversario. Benedetto XV cercherà inoltre di alleviare la sofferenza delle persone coinvolte nella guerra e stanzierà ingenti somme di denaro per aiutare le popolazioni vittime del conflitto (la Santa Sede rischiò persino la bancarotta per la politica generosa del pontefice). Uno di questi importanti contributi per alleviare le sofferenze della guerra fu l’Opera dei Prigionieri, un ‘organizzazione istituita dalla Santa Sede a partire dal 1915 che smisterà per tutta la durata del conflitto circa 600.000 plichi di corrispondenza comprese 170.000 ricerche di persone scomparse, 40.000 richieste di aiuto per il rimpatrio di prigionieri di guerra malati e 50.000 lettere di corrispondenza tra i prigionieri e le loro famiglie.
Lo storico Alberto Monticone nel suo “La Croce e il filo spinato. Tra i prigionieri e internati civili nella Grande Guerra (1914-1918). La missione umanitaria dei delegati religiosi” (Rubettino 2013) racconta come il Vaticano costruì un apposito ufficio, chiamato Ufficio provvisorio in quanto non facente parte delle formali strutture della Curia, che durante tutto il conflitto funse da centrale di informazione e di distribuzioni di aiuti di ogni genere in tutto il continente europeo e nell’area mediterranea. Benedetto XV sostenne che la carità non si sarebbe dovuta limitare ai soli cattolici, ma estendersi “a tutti coloro che, senza eccezione di religione o di nazionalità, sono detenuti”. La Sacra Congregazione per gli affari ecclesiastici Straordinari invitò tramite le rispettive nunziature, tutti i vescovi dei Paese, ad assumere nella loro cura pastorale, sotto il profilo religioso e anche materiale, i prigionieri concentrati nei campi presenti nelle loro diocesi.
Sotto spinta di questo invito gli episcopati di Germania e Francia si interessarono ai prigionieri presenti nelle loro diocesi e si attivarono per avere e notizie e prendere contatto con i loro connazionali catturati, rivolgendosi come tramite al Consiglio federale elvetico (per via della sua neutralità) alla scopo di provvedere, previo opportune visite, al servizio religioso dei campi. L’episcopato tedesco cercò anche di provvedere ad un’analoga missione in Russia, ma i contatti fallirono a causa delle lunghe trattative con lo zar e allo scoppio della rivoluzione russa. Il vescovo svizzero, André-Maurice Bovet, fondò grazie a questi contatti la Mission Catholique Suisse en faveur des prisoniers de guerre che diventerà il punto di riferimento fondamentale per l’azione umanitaria della Santa Sede svolgendo incarichi umanitari distribuendo denaro non solo per scopi religiosi ai prigionieri e trasmettendo notizie ai famigliari.
La ricerca dei dispersi e militari fu infatti uno delle più grandi tragedie della prima guerra mondiale e grazie all’impegno della Santa Sede e della Mission si riuscì a far rimpatriare molti prigionieri di guerra: all’inizio del 1919 nella sola Germania 700.000 prigionieri francesi, inglesi, americani e belgi furono rimpatriati, ma rimase purtroppo invece irrisolta la situazione di 1.200.000 prigionieri russi che solo gradualmente lasciarono il suolo tedesco e mentre una parte di essi non lasciò la Germania, gli altri invece finiranno nei gulag instaurati dal dittatore Vladimir Lenin.
Mattia Ferrari - uccronline.it