Il fuoriporta di questa settimana ci porta in Veneto, tra le province di Vicenza, Treviso e Belluno, sul massiccio del Grappa dove la storia, tra la galleria e la caserma Milano, le groppe tormentate dei Solaroli e la “nave del Grappa” col suo impressionante sacrario monumentale, è scolpita nelle rocce.
Proprio in questi giorni, novantasei anni fa, sulle balze del Grappa e lungo il Piave, si stava decidendo il destino della Grande Guerra sul fronte italiano. Dopo aver sfondato le linee italiane nelle conche di Plezzo e di Tolmino, l’armata austrotedesca era avanzata velocemente fino alla pianura veneta, animata da uno slancio apparentemente inarrestabile.
L’operazione Waffentreue sembrava aver messo definitivamente in ginocchio le truppe del regio esercito: l’intera seconda armata era in pezzi, enormi le perdite in termini di prigionieri, materiali, depositi, il fronte arretrato di centinaia di chilometri.
Eppure, dopo la conferenza di Peschiera, che fu una delle pochissime circostanze in cui Vittorio Emanuele III si sia comportato da re, si decise che gli italiani potevano e dovevano resistere. L’incudine su cui avrebbe dovuto battere il poderoso martello degli imperi centrali era, evidentemente, una sola: quella linea, solo in parte previdentemente fortificata, che, dalla Valsugana e dalla conca di Alano, giungeva fino al mare, lungo il corso del fiume Piave.
Tra la valle del Brenta e quella del Piave s’innalza per quasi 1.800 metri il massiccio del Grappa: una serie di cime arrotondate e di valli, che coprono un territorio di circa 800 chilometri quadrati. Quello sarebbe stato il perno della difesa. Per fortuna, sul Grappa esistevano già delle difese fisse: cannoniere incavernate, strutture in galleria, un acquedotto, una bella strada militare, che aveva predisposto Cadorna, nel caso di un disastro in Friuli. Sulle pendici del monte, esattamente come fa un’onda di marea, si esaurì lo sforzo cominciato sull’Isonzo: lo Spinoncia, i Solaroli, l’Asolone, il Tomba, il Monefenera, divennero nomi familiari per i lettori dei quotidiani di quei giorni.
Anche sul Piave le difese tennero: dopo il primo impatto, vennero approntati sistemi logistici, riorganizzati gli sbandati, mandati in linea i soldati delle ultime leve, i “ragazzi del ‘99”. L’ultimo tentativo di passare fu la “battaglia del Solstizio”, nel giugno del 1918: gli austroungarici, rimasti soli a sostenere il peso della guerra sul fronte italiano, attaccarono con valorosa disperazione, sul Piave, al Montello, sul Grappa. Non passarono, e gli italiani gettarono così le basi per la vittoria di Vittorio Veneto, esattamente un anno dopo Caporetto: una vittoria che sembrava impossibile, un anno prima.
Ancora oggi, in quei luoghi, le tracce di quello scontro titanico sono ben evidenti: se sul Piave, data la natura del terreno, si possono visitare soltanto i suggestivi sacrari militari Fagarè e Nervesa, sul Grappa, invece, la storia è scolpita nelle rocce e, quindi, offre ancora una chiara immagine degli eventi bellici.
La galleria e la caserma Milano, le groppe tormentate dei Solaroli, la “nave del Grappa” col suo impressionante sacrario monumentale, permettono una straordinaria vista sui campi di battaglia. Dalla cima del monte, appare chiarissimo il valore strategico unico di quella posizione: basta guardare la pianura, un chilometro e mezzo più in basso, e il Piave che si snoda sinuoso, e il mare e lontana, Venezia, per comprendere perché proprio lì si giocarono le sorti del conflitto.
Il rifugio “Bassano”, ai piedi della zona monumentale, vasto ed accogliente, vi permetterà una refezione tutt’altro che spartana: vi suggerisco le specialità a base di cervo.
Arriverete al Grappa e alle località del medio Piave, dall’autostrada Vicenza/Piovene-Rocchette, passando poi per Marostica e Bassano (che vale una sosta, naturalmente): di lì a Romano degli Ezzelini e su su, fino alla cima del Grappa, per la “strada Cadorna”. Discesi a valle, dirigetevi verso Nervesa e il Montello e, di nuovo, puntate ad est, fino a Fagarè: a quel punto, potete prendere l’A4, per tornare a casa. Si tratta di un’escursione davvero interessante, che vi permetterà, tra le altre cose, di attraversare una zona bellissima per vestigia medievali e rinascimentali, simile, per tanti versi, ai colli fiorentini, come a Sernaglia...
Marco Cimmino - bergamonews.it