Come ha scritto uno degli storici militari italiani più importanti, Giorgio Rochat, a Giulio Douhet (1869-1930, l’antesignano delle teorie sul «dominio dell’aria») è toccata la stessa sorte di Niccolò Machiavelli: quella cioè di essere più studiato all’estero che in patria.
A colmare questa lacuna viene pubblicata in questi giorni dal Mulino la biografia di Eric Lehmann, “La guerra dell’aria. Giulio Douhet , stratega impolitico (pp. 226, Euro 20), che ha il merito di analizzare per la prima volta i diari e le corrispondenze del soldato visionario, autore del classico “Dominio dell’aria” (prima edizione 1921, poi ampliata e riscritta) che già prima della Grande Guerra in una serie di articoli e saggi analizzava le possibilità militari della «aeronavigazione». Ma è durante il conflitto mondiale che questo ufficiale nato a Caserta ma di origine savoiarda elaborò, in stretto collegamento con l’ingegner Gianni Caproni, le sue teorie sull’importanza strategica dell’aviazione.
È stato documentato che nella seconda metà del 1917 il costruttore di velivoli Caproni consegnò agli inviati statunitensi dell’Army Air Service un “Promemoria per la guerra aerea americana” scritto in collaborazione con Douhet, in cui si suggeriva il «bombardamento strategico contro alcuni centri industriali delle potenze centrali — Essen, Monaco di Baviera, Vienna».
Gli storici americani si sono interrogati sulla paternità dell’idea del bombardamento strategico, ma secondo Lehmann non c’è dubbio che lo stesso Caproni, come si evince per esempio da una lettera del 1934 alla vedova di Douhet, riconosceva all’amico l’originalità delle intuizioni, nate anche per evitare l’orrore e la perdita di vite umane nella guerra di trincea.
Nella seconda edizione del “Dominio dell’aria” Douhet si spinse ad affermare non solo la creazione dell’aviazione come arma indipendente, ma anche la sua superiorità assoluta. Da allora il dibattito se le guerre si possano vincere con i soli attacchi dall’aria è proseguito sino ai nostri giorni. Certo il nome di Douhet va ricordato come pioniere accanto a quelli dell’americano Billy Mitchell e del britannico Hugh Trenchard.
fonte: lanostrastoria.corriere.it