Proponiamo in ANTEPRIMA per L’Indipendenza la traduzione integrale in italiano dell’articolo How Russia Might Have Stopped World War I, tratto da The American Conservative, scritto da Paul Robinson, professore presso la Graduate School of Public and International Affairs all’University of Ottawa, saggista, è autore di numerose pubblicazioni sulla storia militare russa e su difesa ed etica militare. (Traduzione di Luca Fusari)
Quest’anno, dato che si commemora il 100° anniversario della prima guerra mondiale, è opportuno ricordare chi ci avvertì del suo catastrofico scoppio, possiamo celebrare la loro saggezza ed utilizzarli per promuovere la causa della pace nel nostro tempo. Anche a distanza di cent’anni, possiamo imparare da chi vide ciò che più rifiutò di vedere.
Forse i più conosciuti profeti antebellici della prima guerra mondiale sono Ivan Bloch, autore di The Future War (1898), e Norman Angell, autore di The Great Illusion (1909), entrambi i quali sostennero che una guerra tra le grandi potenze sarebbe stata lunga, costosa ed inutile. Ma probabilmente il più preveggente di tutti fu l’ex ministro degli interni russo, Petr Nikolaevich Durnovo, che cent’anni fa in questo mese scrisse un memorandum di avvertimento allo Zar Nicola II circa le terribili conseguenze che sarebbero derivate se la Russia avesse continuato l’alleanza con la Francia contro la Germania andando in guerra contro quest’ultima.
Il Memorandum Durnovo, com’è noto, è uno dei più notevoli documenti conservatori contro la guerra e merita sia d’essere letto per intero che analizzato in profondità. Anche se Durnovo non fu sempre nel giusto, e molto di quello che scrisse si attiene specificamente a quel periodo, le sue previsioni furono straordinariamente accurate, e la filosofia alla base dei suoi argomenti ha continua rilevanza.
Durnovo iniziò la sua nota allo zar spiegando che il fatto centrale nella politica europea era la lotta tra la Germania e l’Inghilterra. Questa era destinata infine a provocare una guerra, la quale non si sarebbe limitata a queste due nazioni. «I raggruppamenti fondamentali in una futura guerra sono evidenti: la Russia, la Francia e l’Inghilterra da una parte; la Germania, l’Austria e la Turchia, dall’altro», scrisse Durnovo.
L’Italia era più probabile che si unisse al primo gruppo rispetto al secondo, così come la Serbia e il Montenegro, mentre La Bulgaria si sarebbe unita agli Imperi centrali. La Romania si sarebbe seduta in disparte aspettando di vedere chi stesse vincendo. Questa fu una previsione accurata.
Quest’anno, dato che si commemora il 100° anniversario della prima guerra mondiale, è opportuno ricordare chi ci avvertì del suo catastrofico scoppio, possiamo celebrare la loro saggezza ed utilizzarli per promuovere la causa della pace nel nostro tempo. Anche a distanza di cent’anni, possiamo imparare da chi vide ciò che più rifiutò di vedere.
Forse i più conosciuti profeti antebellici della prima guerra mondiale sono Ivan Bloch, autore di The Future War (1898), e Norman Angell, autore di The Great Illusion (1909), entrambi i quali sostennero che una guerra tra le grandi potenze sarebbe stata lunga, costosa ed inutile. Ma probabilmente il più preveggente di tutti fu l’ex ministro degli interni russo, Petr Nikolaevich Durnovo, che cent’anni fa in questo mese scrisse un memorandum di avvertimento allo Zar Nicola II circa le terribili conseguenze che sarebbero derivate se la Russia avesse continuato l’alleanza con la Francia contro la Germania andando in guerra contro quest’ultima.
Il Memorandum Durnovo, com’è noto, è uno dei più notevoli documenti conservatori contro la guerra e merita sia d’essere letto per intero che analizzato in profondità. Anche se Durnovo non fu sempre nel giusto, e molto di quello che scrisse si attiene specificamente a quel periodo, le sue previsioni furono straordinariamente accurate, e la filosofia alla base dei suoi argomenti ha continua rilevanza.
Durnovo iniziò la sua nota allo zar spiegando che il fatto centrale nella politica europea era la lotta tra la Germania e l’Inghilterra. Questa era destinata infine a provocare una guerra, la quale non si sarebbe limitata a queste due nazioni. «I raggruppamenti fondamentali in una futura guerra sono evidenti: la Russia, la Francia e l’Inghilterra da una parte; la Germania, l’Austria e la Turchia, dall’altro», scrisse Durnovo.
L’Italia era più probabile che si unisse al primo gruppo rispetto al secondo, così come la Serbia e il Montenegro, mentre La Bulgaria si sarebbe unita agli Imperi centrali. La Romania si sarebbe seduta in disparte aspettando di vedere chi stesse vincendo. Questa fu una previsione accurata.
L’onere principale della guerra, per Durnovo, sarebbe caduto sulla Russia,
«dal momento che l’Inghilterra non è certo in grado di prendere parte considerevole in una guerra continentale, mentre la Francia, povera di manodopera, probabilmente aderirà a tattiche rigorosamente difensive, in considerazione alle enormi perdite di guerra a fronte delle condizioni attuali di tecnica militare. La parte dell’ariete, facendo una breccia nel forte spessore della difesa tedesca, sarà nostra».
La Russia era però impreparata alla guerra. La sconfitta era probabile e il risultato sarebbe stato la rivoluzione. Come Durnovo aggiunse:
«il problema inizierà dando la colpa al Governo per tutti i disastri. Nelle istituzioni legislative inizierà un’aspra campagna contro il governo, seguita da agitazioni rivoluzionarie in tutto il Paese, con slogan socialisti capaci di suscitare e mobilitare le masse, a cominciare con la divisione della terra e le successive divisioni di tutti gli oggetti di valore e di proprietà. L’esercito sconfitto, avendo perso i suoi uomini più affidabili, e traviato dalla marea di contadini e dal loro primitivo desiderio di terra, sarà troppo demoralizzato per servire come un baluardo della legge e dell’ordine. Le istituzioni legislative e dei partiti d’opposizione intellettuali, privi di reale autorità agli occhi della gente, saranno impotenti ad arginare la marea popolare circostante, e la Russia verrà gettata nell’anarchia senza speranza».
Questo è esattamente ciò che successe. Alla base di queste previsioni vi fu una visione del mondo profondamente pessimista e conservatrice, che considerava l’autocrazia come l’unico baluardo contro il caos. «Tutti mi considerano un monarchico inveterato, il difensore reazionario dell’autocrazia, un incorreggibile oscurantista (…) e non si rendono conto che io sono il più convinto dei repubblicani», si lamentò Durnovo, aggiungendo:
«ritengo migliore per un popolo la situazione in cui la gente possa avere a capo dell’amministrazione come presidente il cittadino più meritevole scelto da loro stessi. Per alcuni Paesi tale ideale (…) sta diventando una possibilità. Ma ciò non è affatto possibile circa il nostro immenso e molto variegato Impero russo, dove a causa di considerazioni puramente pratiche la macchina dell’amministrazione e l’unità dell’Impero richiedono l’esistenza della bandiera imperiale tessuta dalla storia. Se dovesse andarsene, la Russia si disintegrerà. Questa è la legge immutabile della natura dell’ordine politico della Russia».
Nato nel 1847, Durnovo (nella foto a sinistra) divenne un ufficiale nel 1862, trascorrendo 10 anni nella marina. Secondo lo storico Dominic Lieven, la sua «visione della comunità russa perfetta era decisamente militare, spiritualmente unita in una causa patriottica comune e con gli ordini inferiori potenzialmente ribelli tenuti sotto stretta disciplina dai loro superiori sociali e professionali».
Dopo aver lasciato la marina, iniziò una carriera nel dipartimento di polizia fino a diventare ministro degli Interni nel mese di Ottobre del 1905, quando la Russia era afflitta da disordini dopo la sua sconfitta nella guerra con il Giappone. Come ministro degli Interni, si occupò spietatamente dei rivoluzionari. «Governare uno Stato è un duro affare, lo Zar deve essere terribile ma gentile, terribile in primo luogo e gentile in secondo».
A Durnovo non piacque l’alleanza franco-russa. La Francia repubblicana e la Russia zarista non avevano nulla in comune. Il conservatore Impero tedesco, al contrario, era un alleato molto più naturale. «Gli interessi vitali della Russia e della Germania non sono in conflitto», scrisse Durnovo nella sua nota allo zar. I due Paesi non hanno denunciato alcuno degli altrui territori, e i loro interessi commerciali coincidevano. Al contrario, «la Triplice Intesa è una combinazione artificiale, senza una base di reale interesse».
Una politica estera basata sugli interessi piuttosto che sul sentimento avrebbe allineato la Russia con la Germania, e così facendo avrebbe evitato una guerra che molto probabilmente avrebbe distrutto entrambi i Paesi. Il Memorandum di Durnovo non venne fuori dal nulla. Lo consegnò subito dopo il licenziamento di Vladimir Nikolaevic Kokovtsov come primo ministro nel Febbraio del 1914, come parte di uno sforzo concertato da parte dei funzionari di mentalità conservatrice per riorientare in tal senso la politica estera ed interna della Russia.
Durnovo e i suoi colleghi hanno cercarono di riaffermare il principio monarchico che era stato diluito nel mese di Ottobre del 1905, quando lo zar emise un Manifesto che portò all’elezione per la prima volta del Parlamento della Russia, la Duma. Lo sforzo non riuscì. L’alleanza con la Francia ebbe un forte sostegno all’interno della burocrazia e tra coloro che erano vicini allo zar, sia per solidi motivi strategici e finanziari (la Russia fece affidamento sugli investimenti francesi) e perlopiù sentimentali.
Nonostante o forse a causa delle origini tedesche di tanti aristocratici e burocrati russi, molti russi consideravano la Germania e i tedeschi con deciso sospetto. Al contrario, ci fu una grande ammirazione per la cultura francese. Il Granduca Nikolaj Nikolaevic, che divenne comandante supremo dell’esercito russo nel Luglio 1914, odiava il Kaiser, il quale lo definì in modo sprezzante come ‘Basileo’, ma adorava la Francia, un Paese la cui lingua parlava fluentemente e presso cui aveva spesso viaggiato in gioventù.
Durante la guerra nel suo quartier generale supremo non sventolò una bandiera russa ma una francese, datagli dal generale Joffre nel 1912. Contro questo tipo di sentimento francofilo, l’appello di Durnovo al principio monarchico ebbe poche possibilità di successo.
Durnovo fu molto più preciso nelle sue previsioni rispetto a quelle di altri proprio a causa del suo rifiuto nel sottomettere l’interesse al sentimento. I sostenitori dell’alleanza franco-russa, irritati per quelle che consideravano come umiliazioni tedesche in Russia, videro nella guerra che scoppiò nell’estate del 1914 come la possibilità per ripristinare la grandezza della Russia.
Durnovo aveva una visione dell’interesse nazionale molto più materiale, fece dei calcoli e scoprì che la guerra semplicemente non aveva senso. Il realismo è spesso denunciato come immorale, come se il perseguimento del grezzo interesse nazionale inevitabilmente producesse cattivi risultati. Ma come Anatol Lieven e John Hulsman hanno sottolineato nel loro libro del 2006, Ethical Realism, una politica estera sulla base di calcoli di interesse razionali mitiga le decisioni avventate produce risultati più eticamente desiderabili di una basata sulla moralizzazione.
Durnovo senza dubbio considerò le conseguenze interne della guerra come una parte vitale del calcolo se valesse la pena combattere. Al giorno d’oggi non abbiamo bisogno di preoccuparci di una rivoluzione, ma questo non significa che le nostre guerre non abbiano conseguenze interne. Disturbano i nostri ordini politici e sociali, aumentando il debito, incoraggiando le usurpazioni statali sulle libertà civili, e così via. Queste conseguenze sono spesso più importanti nel lungo termine per la società nel suo complesso rispetto ai costi immediati in vite e tesori.
Infine, ciò che rese preveggente Durnovo fu il suo pessimismo. «Siamo in un vicolo cieco. Temo che tutti noi, insieme con lo Zar, non riusciremo ad uscirne», disse nel 1912. Questa, come si è poi scoperto, fu una paura giustificata. Non è un caso che l’opposizione alla prima guerra mondiale in Russia venne da conservatori come Durnovo, non dai liberali. Ciò che caratterizzava quei liberali, così come i liberals interventisti di oggi, era il loro ottimismo ventilato che la guerra sarebbe finita bene e avrebbe reso tutto migliore.
Un esempio notevole nella Russia imperiale fu il ministro dell’Agricoltura, Aleksandr Vasilievich Krivoshein (nella foto a sinistra), il quale fu probabilmente il falco più importante nel governo russo. Durnovo dubitò che i russi avrebbero sostenuto il loro governo in tempo di guerra, Krivoshein non ebbe tali preoccupazioni.
Il governo ha bisogno di «credere più nel popolo russo e nel suo amore secolare per la patria, che era più grande di tutte le preparazioni fortuite per la guerra», sostenne. Nel Luglio del 1914, fu il liberale Krivoshein (che più di ogni altro convinse il Consiglio dei ministri russo a mobilitare l’esercito) ad aver portato la Russia e il resto d’Europa in una guerra disastrosa.
L’appello di Durnovo al principio monarchico è oggi ovviamente superato. Le sue idee politiche reazionarie fanno di lui una figura antipatica agli occhi moderni. Ma il suo tentativo di fare un calcolo razionale degli interessi, la sua enfasi sulle conseguenze interne negative della guerra, e il suo rifiuto di piegarsi alle facilonerie che così spesso causano le guerre lo rivalutano.
Con gli argomenti che scalderanno entrambe le sponde dell’Atlantico circa le origini della prima guerra mondiale, la sua eredità, e la giustizia o l’ingiustizia delle varie cause, tali aspetti aiuteranno a formare non solo il modo in cui consideriamo quella guerra ma anche il modo in cui vedremo le guerre del futuro, il memorandum di Durnovo merita una seconda occhiata.
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