Una tra le più sanguinose guerre nella storia dell’umanità. Un tributo di sangue di circa 13 milioni di morti: a tutt’oggi, forse, il conflitto nel quale sono caduti più soldati, anche perché successivamente il numero di vittime civili sarebbe rapidamente e tragicamente aumentato. Tragici record che conferiscono alla guerra svoltasi tra il 1914 e il 1918 gli appellativi di ‘Grande’ e di ‘Mondiale’, attribuito per la prima volta in ragione non solo della sua estensione geo-politica ma per il suo valore di discrimine tra l’epoca degli imperi e quella degli stati nazionali, benché per qualche decennio ancora l’Europa abbia continuato a coltivare sogni coloniali, fino poi a cedere definitivamente il controllo del pianeta ad altre potenze: Urss, Usa, Cina, India...
Sono passati cent’anni. Dopo l’attentato di Sarajevo, gli atavici e mai sopiti rancori tra quelle che allora non si chiamavano, pur essendolo, ‘superpotenze’, portavano allo scoppio delle ostilità: il 28 luglio 1914 l’Impero austro-ungarico dichiarava guerra alla Serbia con l’appoggio della Germania, intenzionata a dare un’adeguata estensione geografica al suo effervescente sviluppo industriale ed economico, la Bulgaria e l’Impero Ottomano, desideroso di recuperare le sue antiche glorie. La Russia, eterna rivale della politica espansionistica austriaca, corse in soccorso della Serbia – un vincolo del quale resta traccia a tutt’oggi nonostante la deflagrazione del mondo balcanico - insieme con la Francia, decisa a riconquistare i territori dell’Alsazia e della Lorena, e con il successivo appoggio di Giappone e Regno Unito.
L’Italia, che per il primo anno non intervenne, nel 1915 passò dall’Alleanza all’Intesa, confermando un’inguaribile tendenza agli slalom diplomatici, entrando in guerra al fianco di inglesi, francesi e russi con l’obiettivo di riconquistare i territori di Trento e Trieste, estremi lembi che il Risorgimento non aveva potuto strappare al dominio austriaco. Al termine della guerra, le problematiche geopolitiche che l’avevano determinata variarono ma certo non si risolsero e anzi lasciarono spazio a un quadro ancor più confuso e fibrillante. Versailles concorse a gettare le basi della Seconda Guerra Mondiale.
In un contesto segnato da una tale divisione, ricordare in modo condiviso gli avvenimenti legati alla Grande Guerra non è scontato, per quanto la memoria sia ormai addolcita dalla distanza temporale.
«I paesi europei che si combatterono allora sanguinosamente su fronti opposti, si ritrovano oggi insieme nel grande progetto e crogiuolo dell’integrazione comunitaria e dovrebbero dunque porsi il problema di una commemorazione comune e della lezione da trarne per far crescere il loro comune patrimonio identitario», ha detto il presidente della Repubblica agli europei per invitarli a non ripristinare le fazioni del passato. Un auspicio che però non è semplice incarnare neppure nei sentimenti degli stessi italiani e, talvolta, neppure all’interno di una singola famiglia.
Ed è proprio a questa diretta e personale esperienza che rimanda una delle iniziative più originali tra quelle progettate e realizzate per la commemorazione del Centenario: Ta Pum. Walter Pilo, presidente dell’associazione Uomo libero e ideatore del progetto, la racconta così: «I miei nonni, uno sardo e uno altoatesino, combatterono sull’Ortigara sui due fronti opposti. Ciascuno dei due conservava una sofferenza individuale intimamente legata a quegli avvenimenti, ma hanno imparato, conoscendosi, a condividerle, sciogliendole in un abbraccio. Credo che questo anniversario sia perciò una grande occasione per comprendere chi eravamo, chi siamo ma soprattutto chi saremo». Sul Garda, tra l’altro, Pilo gestisce il Fortino, un forte austriaco dell’800 trasformato nell’unico ristorante tematico improntato sulla Grande Guerra esistente in Italia.
L’idea di Ta Pum è semplice quanto ardita. Un gruppo di alpinisti partiti dal Lago di Cancano, in Alta Valtellina, hanno percorso per la prima volta in continuativa integrale la linea dei cinque fronti della Prima Guerra Mondiale “dallo Stelvio al Mare”, come indicati dagli atti militari ufficiali: Stelvio-Adamello-Giudicarie, linea degli Altipiani, Cadore, Carnia, Fronte Giulia. Un tragitto di 54 tappe, circa 1.150 km, 90 mila metri di ascese e altrettanti di discese, 116 cime.
Ma perché questo Cammino della Memoria sia completo un secondo team escursionistico partito da Trento, con un trekking di circa 700 km suddiviso in 35 tappe, ha toccato gli altri luoghi più significativi dopo l’arretramento di Caporetto. La parte finale del percorso, da Redipuglia fino a Trieste, è comune ai due gruppi.
Due percorsi che attraversano, tra gli altri, il Passo dello Stelvio, il Cimitero austriaco di Bondo, Doss Casina, luogo simbolo dell’epopea del battaglione bersaglieri ciclisti di Milano nel quale militavano i futuristi Marinetti, Boccioni e Sironi e Pasubio, Ortigara dove due cippi ricordano i caduti di ambo le parti, Asiago, Grappa. E ovviamente il Piave, forse il territorio più significativamente testimone degli eventi, come dimostrano mausolei, memoriali, cimiteri germanici, francesi, cecoslovacchi e di tante altre nazionalità. Ma anche luoghi rimasti nella memoria per altre ragioni come la diga del Vajont, aperta appositamente per Ta Pum.
L’Uomo Libero, onlus nata nel 1991, ha un curriculum di tutto rispetto, si è impegnata in attività di solidarietà e cooperazione internazionale con iniziative di rilievo internazionale nel campo sociale e culturale, particolarmente per la tutela dei bambini e delle loro famiglie, in diverse parti del mondo. Ne è un esempio la ricostruzione di una grande palestra e dei relativi locali compiuta a Vitez, in Bosnia, o anche il progetto agricolo avviato in Birmania per consentire alle famiglie di un villaggio della popolazione Karen di rimanere nel loro territorio e di far tornare i profughi ospitati nei campi tailandesi. Ma la concretizzazione del progetto è stata ugualmente faticosa: «Ta Pum è un’iniziativa impegnativa e ambiziosa, sostenuta da volontari e senza fini di lucro: ringraziamo perciò tutte le importanti istituzioni che ci hanno concesso il loro patrocinio, quali la Struttura di Missione per il Centenario della Grande Guerra della presidenza del Consiglio, il Parlamento Europeo, la rappresentanza in Italia della Commissione Europea, le Regioni Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia», spiega Pilo.
L’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche partecipa al progetto con un test scientifico: nello zaino degli alpinisti è infatti contenuta una centralina portatile che fornirà informazioni sui principali parametri atmosferici e meteorologici lungo tutto il percorso. «Il test permetterà di monitorare concentrazione e dimensioni di particolato atmosferico e black carbon, fornendo inoltre informazioni su temperatura, pressione, umidità relativa», spiega Paolo Bonasoni dell’ISAC-CNR. «Il rilevamento consentirà di identificare masse d’aria inquinate o ricche di sabbia sahariana, contributi da processi di combustione naturale e antropica. È importante ricordare che i composti inquinanti non conoscono quei confini geografici o politici per i quali, durante la Prima Guerra Mondiale, tanti ragazzi persero la vita nei luoghi dove ora possiamo tranquillamente passeggiare, sciare o arrampicare. In questo Cammino vogliamo unire il loro sacrificio all’impegno della ricerca per promuovere un mondo migliore e la pace tra chi lo abita, attraverso la salvaguardia dell’ambiente».
Obiettivo condiviso anche da Massimo Bubola, cantautore veronese e autore di molte note canzoni di Fabrizio de André, che dà il titolo all’album e nel suo ultimo lavoro proprio ‘Ta-Pum’, canzone ispirata come è noto all’onomatopea del colpo di fucile, facendone dono simbolico al progetto di Walter Pilo. «Molti di questi brani li conoscevo fin dalla più tenera età, sono stati il mio primo approccio con la canzone, li cantavo con mio nonno, con mio padre, coi miei zii», racconta il cantautore partner del progetto. «Tante volte mi è stato chiesto perché, negli anni, avessi io stesso scritto tante canzoni sulla guerra e riflettendo ho capito che mi è rimasto dentro una sorta di imprinting a partire da queste esperienze infantili, da questo primo approccio alla musica popolare».
L’intero viaggio sarà documentato con riprese video al fine di produrre un documentario. Ma l’ambizione maggiore è quella che spiega Pilo: «A compiere questo primo ‘Cammino della memoria’ è un gruppo di esperti alpinisti e sportivi, con la partecipazione di alcuni militari. Speriamo che successivamente possa essere aperto a chiunque desideri intraprenderlo, per intero o a tappe, con percorsi attrezzati, materiale informativo, una piattaforma online interattiva e una ‘carta di viaggio, sulla quale le strutture convenzionate apporranno un timbro che confermerà il passaggio. L’obiettivo ultimo che i coordinatori si prefiggono è far inserire il progetto tra gli itinerari culturali del Consiglio d’Europa e tra i siti Unesco patrimonio dell’umanità».
Marco Ferrazzoli - Capo Ufficio Stampa Consiglio Nazionale delle Ricerche
Si ringrazia per la preziosa collaborazione Giulia Vittoria Francomacaro
Il Nodo di Gordio n.6 - Settembre 2014 - Pagg. 149-155 (PDF - 2.5MB)