Il generale Antonio Cantore, Medaglia d’Oro al valore militare, fu il primo generale Italiano a cadere nella Grande Guerra. Venne colpito da una pallottola in piena fronte il 20 luglio 1915, mentre da una postazione a Forcella Fontananegra osservava la trincea nemica.
Fin dalle prime ore dopo la morte del generale, fra i soldati e la popolazione civile, si diffuse una domanda tanto semplice quanto complicata: chi aveva sparato al valoroso Cantore? Un cecchino Austriaco come indica la versione ufficiale, o un soldato Italiano secondo vox populi esasperati dalla sua inesorabile durezza?
Dal giorno del funerale a Cortina, il berretto forato deposto sopra la bara che il generale Cantore portava quando venne colpito, consegnato ai famigliari, non comparve più in pubblico per 83 anni. Nel 1998, il berretto ricomparve esposto a Cortina alla Mostra sulla Grande Guerra 1915-18 organizzata dallo storico, studioso e responsabile del Museo Tre Sassi in Valparola, Loris Lancedelli, ospitata nel palazzo del Comune in occasione dell’ottantesimo anniversario dalla fine della Grande Guerra.
Il berretto, lo prestò per l’occasione, il nipote del generale, l’ingegnere Antonio Cantore, dopo aver visionato la Mostra, non immaginando certo che avrebbe destato gran curiosità e scatenato (rispolverando) vecchie polemiche generate dal foro del proiettile.
Durante il conflitto bellico, Austriaci e Italiani impiegavano proiettili di calibro differente: otto millimetri e mezzo gli Austro Ungarici, sei millimetri e mezzo, cioè più piccoli, i soldati del Regio esercito. Misurando il foro nel berretto probabilmente si sarebbe potuto capire fin dal 1915 da quale arma il proiettile forse partito. In Mostra, esperti e storci osservarono il foro che bucò la visiera di cuoio del cappello del generale Cantore, considerarono forse troppo piccolo per corrispondere ai proiettili sparati delle armi Austriache.
Ma è davvero così? Il cuoio come è noto, col tempo tende a restringere ed irrigidirsi: Difficile stabilire il vero calibro dell’arma dopo tanti anni. Agli osservatori la misura di calibro non fece che aumentare i misteri, e pose il quesito: è mai possibile che il primo prestigioso eroe della Grande Guerra, sia caduto non per mano nemica, ma per il tradimento di ufficiali ribelli?
Dai primi giorni, dopo la caduta del generale, fra quanti s’occupavano di fatti militari, correva voce che a uccidere Cantore fossero stati i suoi uomini. Per quale ragione? Il generale era soldato tutto d’un pezzo, 55 anni, alto, bell’uomo, forte personalità, destava impressione, era il più ammirato e il più temuto. Generale di divisione aveva partecipato alla guerra di Libia distinguendosi per l’ardimento, il suo coraggio era leggendario. Lo chiamavano el vecio, e anche il papà degli alpini. Ancora oggi per gli Alpini il generale Cantore è mito ed eroe.
A volerlo a Cortina era stato il generale Cadorna in persona, per sostituire il generale Saverio Nasalli Rocca, accusato di essere troppo lento e prudente. A Cortina i rapporti con la popolazione e coi suoi stessi uomini furono burrascosi fin dall’inizio. Testimonianze raccontano che il generale aveva in animo di far sgomberare Cortina da tutti i civili. Gli ufficiali s’erano opposti in modo fermo al progetto contrastando il generale Cantore, sostenendo che sgomberare il paese significava consegnare agli Austriaci l’alibi per distruggere la città, le abitazioni e i grandi alberghi di Cortina, già famoso centro turistico e alpinistico internazionale, rimasto fino al momento d’entrata in guerra, per 400 anni sotto l’amministrazione Asburgica, che la popolazione considerava diligente e virtuosa. Per molteplici ragioni, far evacuare il paese sarebbe stato un disastro diplomatico, militare e civile.
Per questo motivo, il temerario generale, era visto con sospetto e poca simpatia, mentre nei suoi confronti aumentavano sentimenti sempre più rancorosi da parte di ufficiali e civili.
La mattina del fatidico 20 luglio 1915, il generale Cantore uscì dall’Albergo Posta dove alloggiavano gli ufficiali, salì sull’auto per raggiungere il villaggio di Vervei costruito dai soldati Italiani alle falde delle Tofane. Lungo la strada incontrò un ufficiale della Brigata Como, la prima entrata in Cortina, dopo averlo brevemente interrogato gli dà dieci giorni di consegna per essersi allontanato dal suo reggimento, punizione ritenuta un fatto insolito nei confronti di un ufficiale.
Raggiunto Vervei, incontrò gli ufficiali e generali della Brigata a cui espose il suo piano di battaglia per sfondare il fronte Austriaco.
Più tardi raggiunse la mensa dove i soldati erano a tavola per il rancio. Fece interrompere il pranzo e pronunciò, con tono veemente, la frase divenuta storica: Domani sarete tutti lassù! Quel lassù venne interpretato dai soldati con più significati: lassù a Fontananegra dov’era previsto l’assalto, ma anche lassù in cielo, considerato che per l’audace attacco ci sarebbero stati molti caduti. Il clima si fece cupo.
Da questo momento le versioni sulla caduta del generale sono due. La versione ufficiale racconta che il generale Cantore terminata la riunione con ufficiali e generali e dopo aver pranzato. Salì in direzione della postazione più avanzata di Fontananegra accompagnato da quattro Alpini. Gli Austriaci in postazione soprastante distavano circa duecento metri. Il generale, berretto in testa e cannocchiale in mano per prender visione dell’esatta posizione delle mitragliatrici nemiche e per definire la strategia dell’assalto si sporse da una roccia. Un primo colpo di proiettile lo sfiorò appena. Gli ufficiali l’invitano a mantenere una posizione più riparata, ma Cantore intrepido non ha paura, si sporge nuovamente: il cecchino Austriaco non sbaglia la mira, lo colpisce al centro della fronte.
Sulla notizia della morte del generale, fra soldati e civili, sono corse voci fra le più incredibili e fantasiose, alternando verità e bugie: una falsa, sosteneva che il generale ucciso nel villaggio di Vervei fosse stato portato a Fontananegra. In un’altra, dei primi anni dopo la conclusione della Guerra, un Alpino, dichiarò d’aver partecipato al plotone d’esecuzione. Negli anni Sessanta, in un’intervista ad un quotidiano trentino, Attilio Berlanda, Kaiserjeger, arruolato nell’esercito Austro Ungarico, sosteneva d’essere lui il cecchino che sparò al generale, azione per la quale venne insignito della Medaglia d’Oro dall’Imperatore d’Austria in persona. Indagini hanno accertato che Berlanda aveva sì ricevuto la Medaglia d’Oro per un’azione bellica, ma nel 1914 in Galizia.
Dei quattro Alpini che accompagnarono il generale il giorno dall’agguato non si conoscevano i loro nomi e non sono mai stati rintracciati. Considerando che sparare al proprio generale comporta la fucilazione, è credibile sostenere che almeno uno di loro sarebbe stato interrogato, e quindi se ne avrebbe notizia.
Un’altra versione, che a tutt’oggi sono in molti a sostenere, è che non fu il nemico a uccidere il generale Cantore, non vi sono prove. Rimane perciò un fatto oscuro, un enigma forse irrisolvibile.
O semplicemente le cose andarono come un triste episodio di guerra nella versione ufficiale. Ma allora perché dopo tanti anni continuano dubbi e sospetti?
Davanti al cappello esposto alla Mostra della Grande Guerra, storici, curiosi, giornalisti, il numeroso pubblico, osservarono con molto interesse il foro e gli esemplari delle pallottole esposte poco distanti dal cappello del generale. Non sfuggì il fatto che le pallottole Austriache non passerebbero dal buco, mentre non vi sarebbero difficoltà per quelle Italiane. E’ pur vero che il cuoio si restringe, ma…rimane un ma e un mistero.
Colpito il generale Cantore, dal diario di don Pietro Alverà
Uno degli episodi più memorabili della conquista della Tofana, fu la tragica morte del generale Cantore, avvenuta il 15 (20 ndr) luglio 1915. Nel pomeriggio di detto giorno egli andò in automobile a Pocol e di là a piedi per Campo di Fedarola verso Col dei Bos. Ivi in una trincea esaminava con un binocolo le postazioni Austriache. I suoi accompagnatori lo avvertirono di star più accorto.
Rispose che bisognava andar più avanti e che per lui non era ancora stata fusa la palla Austriaca.
Appena pronunciato queste parole, restò colpito alla fronte e morì senza nemmeno pronunziar altra parola. Il medico che era con lui non poté trattenersi dal dire: “Ora Signor Generale vada più avanti”.
Gli ufficiali Italiani divulgarono la notizia che era stato ucciso da un tiratore Ampezzano, sotto il comando di un vecchio Ampezzano austriacante. (Bortolo Alverà) (Arch. Stor, per l’Alto Adige anno 1915, pag 317). Ciò era impossibile perché in questo 20 luglio 1915, la compagnia Bersaglieri a tiro di Ampezzo, sotto il comando di Angelo Dalus, si trovava sul Sief, dunque sul Col di Lana. La compagnia dei Bersaglieri a tiro di Ampezzo, al comando del capitano Bortolo Alverà e dal tenente Angelo Dalus, fu mobilitata e spedita in Son Pouses il 19 maggio 1915, e da ivi a Bruneck il 13 giugno, addì il 17 giugno a Piccolino, addì il 18 giugno a Corvara, addì il 21 giugno al forte Corte di Livinallongo, e addì 19 luglio al giogo del Sief e di Col di Lana, dove rimase tutto il tempo della guerra.
L’8 luglio 1915 il capitano Bortolo Alverà fu trasferito in veste di comandante della guardia e della riserva in Badia, ed il tenente Angelo Dalus avanzato a Capitano. I Bersaglieri a tiro d’Ampezzo, rimasero sotto questo comando fino alla fine della guerra sul fronte del Col di Lana. Bortolo Alverà rimase in Badia fino al 25 luglio 1917, ed indi sciolta quella guardia, fu trasferito al gruppo degli ingegneri di Ponchià, sotto il tenente colonnello Rommel.
Iì 27 aprile 1918 fu trasferito a Primiero e invitato a Canal San Bovo. Addì 4 novembre 1918, si ritirò verso Bolzano; a Predazzo venne derubato dei suoi bagagli. In Ampezzo giunse il 10 novembre 1918 e fatto prigioniero da una pattuglia militare ed il giorno dopo condotto verso Pieve di Cadore, indi successivamente in diversi luoghi. Alla fine di febbraio 1919 poté ritornare in patria da Trento.
I semplici soldati raccontavano pubblicamente che il generale Cantore era stato ucciso da uno di loro, perché imponeva sacrifici inumani pur di avanzare. Don Cristoforo Rizzardi, che dal 12 agosto 1915 in poi fu parroco provvisorio di Ampezzo, scrive nella cronaca della canonica “20 luglio 1915 – Il Generale Cantore restò ucciso da un franco tiratore Ampezzano, altri dicono…..”Con questo suo punteggio accenna senza dubbio alla seconda versione. Questa non sembra credibile, ed è da supporsi che sia stato ucciso dalla solita pattuglia Austriaca, che era cambiata ogni 48 ore.
Maria Menardi narra il fatto e specialmente la sepoltura nel seguente modo: “Fu ucciso il Generale Cantore, si dice dal Castello della Tofana”. La salma fu trasportata nella cappella di San Francesco ed ivi restò esposta tutta la notte. La mattina del 22 fu trasportata nella chiesa parrocchiale dove ebbero luogo le esequie, indi fu accompagnata al cimitero da un buon numero di ufficiali e soldati e qualche Ampezzano. Al termine della cerimonia di sepoltura, il generale comandante di divisione, pronunciò un discorso affermando che avevano perso un grand’uomo colpito in fronte da un franco tiratore Tirolese, essendo avanzato per scoprire il nemico. Infine, dice: “Davanti a quella Croce che ispira perdono, noi giuriamo vendetta”. Nelle settimane successive, una granata Austriaca caduta nel cimitero provocò il parziale dissotterramento di più salme, compreso quella del generale Cantore. Seguì l’immediata cerimonia di traslazione e sistemazione cimiteriale.
Il monumento al generale Antonio Cantore venne eretto vicino alla stazione ed inaugurato la domenica 4 settembre 1921. A questa cerimonia furono presenti molti Italiani, autorità militari e civili. Ora le spoglie del generale Antonio Cantore riposano nel Sacrario di Pocol, sopra Cortina d’Ampezzo.
Renato Zanolli - bellunesinelmondo.it